top of page

03 maggio 2016

Remissione diabete 2 da forte restrizione calorica e netto calo di peso

Nelle persone con diabete di tipo 2 (soprattutto in quelle con diabete di recente insorgenza) un periodo di forte restrizione calorica (8 settimane), con notevole riduzione di peso, realizza una remissione completa del diabete, ovvero il raggiungimento di un totale compenso metabolico, con valori di glicemia nel range di normalità in assenza di terapia farmacologica, e questa condizione può essere mantenuta per un periodo di 6 mesi, durante i quali si giunge progressivamente a una dieta bilanciata. Lo dimostrano i dati di uno studio - pubblicato online su "Diabetes Care" - condotto da un gruppo di ricercatori dell'Università di Newcastle (Uk) guidati daRoy Taylor. «L'articolo, che vede come primo nome Sarah Steven, mette a fuoco il problema dell'eccesso di peso nel diabete, dimostrando che il diabete può essere efficacemente trattato fino ad indurre una totale remissione attraverso una sostanziale perdita di peso indotta da una forte restrizione calorica» afferma Giulio Marchesini, responsabile della Ssd Malattie del Metabolismo e Dietetica Clinica del Policlinico Sant'Orsola-Malpighi di Bologna (Alma Mater Studiorum Università di Bologna). «I risultati sono chiarissimi» sottolinea. Gli autori, spiega il diabetologo, hanno trattato un gruppo di persone con diabete (alcune con diabete di lunga durata, fino a 23 anni di malattia) con una dieta fortemente ipocalorica (very-low-calorie diet, basata su alimenti sostitutivi come barrette e integratori alimentari), cui veniva aggiunta verdura non contenente carboidrati, per aumentare il volume del pasto, con un tenore massimo calorico che non arrivava a 700 calorie al giorno. «Questa alimentazione artificiale ha indotto una perdita di peso sostanziale, circa 15 kg nelle 8 settimane di trattamento, e in alcuni di questi soggetti si è avuta la completa remissione del diabete. A questo punto è stata reintrodotta una dieta standard con alimenti abituali, accompagnata da un percorso cognitivo-comportamentale, pur mantenendo una certa restrizione calorica, ed è stato verificato se si manteneva la remissione del diabete per altri 6 mesi».

I risultati dimostrano che, a seguito della prima forte restrizione calorica e poi della fase di mantenimento, si aveva una sostanziale riduzione dell'emoglobina glicata e la remissione del diabete in 13 soggetti su 30 (responder a 6 mesi) mentre negli altri non si raggiungeva la totale remissione del diabete, nonostante una simile perdita di peso. Nella fase di mantenimento del peso, specifica Marchesini, tutti i pazienti erano accompagnati da un programma individualizzato di definizione degli obiettivi, identificazione delle barriere e incontri mensili per aumentare l'aderenza a comportamenti alimentari corretti. «Anche nei non responder, comunque, si aveva un forte miglioramento della glicemia a digiuno e un miglioramento di circa 1 punto di emoglobina glicata» prosegue l'esperto. «Questi dati sul compenso glicemico» - aggiunge - «sono supportati da una serie di valutazioni funzionali eseguite all'inizio dello studio, al termine dell'intervento intensivo e dopo 6 mesi, riguardanti misurazioni molto sofisticate della produzione epatica di glucosio, della quantità di grassi nel fegato, della funzione beta-cellulare e anche dello scambio intra-organo di trigliceridi, che portano a immaginare come nella patogenesi del diabete ci possano essere due momenti importanti: 1) un accumulo significativo di trigliceridi all'interno del fegato, che potrebbe in qualche modo essere il primo responsabile della comparsa del diabete; 2) un difetto secondario del pancreas, che porta alla relativa diminuzione della produzione di insulina, che finisce per slatentizzare definitivamente la malattia diabetica».

Questi dati vanno inquadrati nell'ambito della clinica, afferma Marchesini. «Abbiamo tutti esperienza di persone nelle quali una sostanziosa riduzione di peso ha portato alla totale remissione del diabete. Oggi, nella maggior parte dei casi, questo si realizza più frequentemente come effetto della chirurgia bariatrica, detta anche chirurgia metabolica, che non come effetto di una terapia dietetica. Nella pratica, la remissione del diabete si ha soprattutto nel diabete di nuova insorgenza, e nelle persone che riescono a portare a termine un programma di rapida riduzione del peso. È quindi il diabete tipo 2, il diabete dell'adulto, una malattia reversibile? Nell'esperienza riportata il follow-up è limitato a 6 mesi. Quanto durerà la remissione e quanto riuscirà la persona a mantenere il comportamento alimentare corretto che ha mantenuto la glicemia a livelli normali in assenza di terapia farmacologica? Sotto quest'ultimo profilo la chirurgia bariatrica vince».In ogni caso, riprende lo specialista, il dato principale che emerge da questo studio è la conferma che alcune condizioni favoriscono la remissione totale del diabete. È più frequente nel diabete di breve insorgenza (in media 4 anni nei responder vs. 10 anni nei non responder), nei più giovani (ma questo spiega anche il diabete di più breve durata), e con glicemia a digiuno ed emoglobina glicata meno alterata, ma simile grado di obesità. Al di là delle strategie di chirurgia bariatrica, il punto nodale della remissione del diabete è la perdita di peso. «Se si riuscissero a mettere in atto efficaci interventi per ridurre la crescente prevalenza di obesità, non ci si troverebbe a rincorrere le complicanze che questa obesità produce, in primo luogo il diabete» rileva. «L'aspetto più rilevante che emerge dalle misurazioni invasive eseguite è la priorità dell'accumulo di grasso nel fegato» evidenzia Marchesini. «Se si riesce a rimuoverlo con efficace terapia dietetica e perdita di peso, la glicemia migliora sensibilmente, come dimostrato anche in altri studi. Sembra quasi che una parte rilevante del rischio di diabete sia un portato non tanto dell'obesità in quanto tale, ma specificamente dell'accumulo di trigliceridi a livello epatico. Si tratta di quella patologia definita come steatosi epatica non alcolica (Nafld) che è tipica dell'obesità e che spesso prelude all'insorgenza del diabete, anche in assenza di obesità». Non a caso le linee guida del management della Nafld - che sono state recentemente presentate al Congresso dell'Associazione Europea per lo Studio del Fegato (Easl) - hanno visto il coinvolgimento, per volontà dello stesso Marchesini, della Società Europea per lo Studio del Diabete (Easd) e della Società Europea per lo Studio dell'Obesità (Easo). Le Linee Guida sono ora pubblicate online sulle relative riviste societarie ("Journal of Hepatology", "Diabetologia", "Obesity Facts") «per dare il chiaro segnale che non sono solo gli epatologi che si devono occupare di questa patologia. È, infatti, una patologia trasversale, che deve vedere un coordinamento di tutti i professionisti che assistono persone affette da tale condizione» conclude il diabetologo.

Diabetes Care, 2016 Mar 21. pii: dc151942. [Epub ahead of print]

Steatosi epatica non alcolica

La steatosi epatica non alcolica (non-alcoholic fatty liver disease, NAFLD) è la manifestazione epatica della sindrome metabolica, la cui incidenza sta aumentando rapidamente a causa della crescente epidemia di obesità sia tra gli adulti che tra i bambini. L’accumulo iniziale di grasso seguito dalla successiva infiammazione è cruciale per lo sviluppo del danno epatico ed è estremamente influenzato da una serie di fattori che includono età, sesso, presenza di diabete, polimorfismi genetici e, più di recente, microbioma intestinale. Una crescente quantità di dati suggerisce che la NAFLD è anche un fattore di rischio indipendente di malattia cardiovascolare, che resta la causa più comune di mortalità in questi pazienti.

bottom of page